C.F. e G.G.
Un tempo i faentini erano tradizionalmente convinti che l'ornato a "occhio di penna di pavone", diffuso nella seconda metà del Quattrocento, fosse tipico della rnaiolica della loro città e costituisse un omaggio a Cassandra Pavoni, l'amante ferrarese di Galeotto Manfredi che questi aveva condotto a Faenza agli inizi del 1478. Sono poi arrivate delle facili smentite: il motivo, di origine medio-orientale, fa parte del repertorio decorativo tardo-gotico ed è diffuso un po' ovunque, anche dove di Cassandra e Galeotto non si era mai sentito parlare. Lo si trova nelle mattonelle e nel vasellame napoletano, in quello derutese, pesarese e toscano e di altre località. È insomma fra i più apprezzati nella maiolica, anche per i toni brillanti rialzati da un bellissimo giallo arancio.
Tuttavia, ciò non toglie che a Faenza il suo uso si colorisse talvolta di un'intenzione particolare, e che nei piatti ufficiali potesse acquistare un preciso significato. È quanto avviene, ci sembra, in un famoso piatto del Museo internazionale delle Ceramiche dove su monticelli è raffiguraro un calice affiancato dalle lettere 'l'e 'O' e da due rami di palma, emblema notissimo di Galeotto (Tav, I a). Tutt'attorno, una fascia di "occhi di penna di pavone" contorna la tesa con insolita sontuosità. È noto che il calice, con o senza drago, è l'emblema di San Giovanni Evangelista, il cui nome è ripreso dalle iniziali I - O (Iohannes) (1), Galeotto era devoto al santo, e si preoccupò nel1481 di far venire, nel monastero a lui dedicato "in sclavo" (oggi S. Agostino), gli agostiniani riformati di Lombardia.
Chiamò poi Giovanni Evangelista il figlio che Cassandra gli diede nel 1482.
Ecco dunque che acquista significato lo splendido giro di occhi di penna di pavone che circonda il piatto del Museo di Faenza, e che racchiude raggiante gli emblemi di Galeotto e del santo patronimico del bambino. È un bellissimo omaggio a questa famiglia parallela, di cui cita il padre, la madre e il figlio, in occasione della cui nascita fu probabilmente eseguito.
l La Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (1230-1298) è un'opera agiografica che racconta in un linguaggio semplice le vite dei santi secondo l'ordine del calendario ecclesiastico, riprendendo e rielaborando narrazioni anteriori. Vi si narra, a proposito ell'apostolo Giovanni, che ad Efeso ebbe a scontrarsi con i sacerdoti della dea Arternide, e che Aristodemo lo pose di fronce alla scelta se offrire un sacrificio alla dea oppure bere una coppa di vino avvelenato. Giovanni bevve senza danni. Da questo episodio ha origine l'iconografia consueta del santo, che lo vede reggere in mano un calice da cui talvolta esce il veleno sotto forma di un serpente velenoso o un drago (vedi G. KAFTAL, Saints in Italian Art. Iconography ofthe Saints in Centrai and Soutb Italian Schools of Painting, Firenze 1965; M. BOCIAN, Lexicon der biblischen Personen, Stuttgart 1989).
Cercheremmo invano "occhi di penna di pavone" associati ad emblemi bentivoleschi: alla moglie legittima, si confanno motivi sentimentalmente neutri, come il melograno o altri elementi floreali. Gli stessi che, associati a motivi rinascimentali di archetti che ne denotano la data ormai tarda, verso la fine del secolo, ornano il vaso mutilo anch'esso del Museo delle Ceramiche con l'emblema del Salasso e l'Astore, uccello rapace col quale si allude al nome di Astorgio (Tav. I b). E' qui onorato il fratello di Giovanni Evangelista, Astorgio III, nato dal matrimonio legittimo di Galeotto, erede dell'araldica familiare, di cui il Salasso è parte integrante.
Nel Museo faentino sono dunque conservate due testimonianze di storia cittadina, due maioliche legate ai fratelli che condivisero una fine immatura, a Roma, per volontà del Valentino.
SCHEDE
l. Piatto
Maiolica, diam. cm 23,1; alt. cm 3,1
Faenza, attorno al 1482, proveniente da sterri cittadini
Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, acq. 1945, inv. 247
Al centro del piano, su
sei monti, è dipinto un
calice, emblema di
San Giovanni
Evangelista,
affiancato dalle
lettere "I - O"
(Johannes) e da due
rami di palma, impresa di
Galeotto Manfredi,
signore di Faenza dal
1477 al 1488. Tutt'attorno
alla tesa si svolge
una
fascia di "occhi di
penna di pavone". Sul
retro, cerchi
concentrici e bande
in blu, giallo,
verde.
Colori: blu, verde,
giallo-arancio, bruno.
Vista l'associazione
dei morivi, il piatto
fu
probabilmente eseguito in occasione
della nascita di Giovanni
Evangelista, secondo
figlio di Galeotto e di
Cassandra Pavoni,
avvenuta nel 1482.
Bibl.: G. LIVERANI,
Museo
Internazionale
delle
Ceramiche.
Faenza. Selezione di
opere, in
«Faenza»,
XLIX (963), p. 31, scheda n. 18,
fig. n. 18; C.
RAVANELLI GUIDOTII,
La cera-
mica a Faenza
nell'età dei
Manfredi:
botteghe,
produzione comune e vasellame
celebrativo,
in Faenza
nell'età dei
Manfredi, a cura di V. Casadio
et al., Faenza 1990,
pp. 193,196-197, fig.
33;
ID.,
Thesaurus,
Faenza 1998, n. 30,
pp. 164-166.
2. Vaso
Maiolica, diam. piede cm 25; alt. cm 25
Faenza, fine sec. XV,
proveniente da
sterri cittadini
nel perimetro dell'antico
convento di
San Maglorio
Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, donazione Balbi 1953, inv. 6066
Vaso frammentato in cinque parti,
lacunoso circa del 40,
ornato a fasce entro cui si sus-
seguono embricazioni,
archetti, perle,
fiamme. La fascia centrale,
più grande, è ornata a
rosette ed altri motivi
floreali fra i quali
spiccano due
medaglioni con
l'Astore e il Salasso,
emblemi manfrediani. Poiché il
vaso appare
stilisticarnenre
tardo, verso la fine
del sec. XV,
e poiché il
Salasso e l'Astore
compaiono entrambi nel
sigillo di Astorgio
III, figlio di
Galeotto Manfredi e di
Francesca
Bentivoglio, nato nel
1485 e morto a Roma nel
1501, è
plausibile che in
suo onore sia stato
eseguito il vaso. Il
piede presenta un foro
praticato a
crudo. Si tratta
probabilmente di uno scarto di
fornace, dato che i classici
colori della
maiolica risultano
alterati per eccesso di
esposizione al calore.
Bibl.: C. RAVANELLI GUIDOTII 1990, op. cit., pp. 182, 184, figg. 22 a,b, e 24 b,c.