Carola Fiocco - Gherardi Gabriella, in Antichi documenti sulla ceramica di Castelli (atti del Convegno, Castelli 1984), Roma 1985, p. 67-104
La relazione del dr. de Pompeis ha dimostrato come la produzione, a Castelli, sia di altissimo livello almeno fin dalla fine del secolo XV e per tutto il secolo XVI.
Il primo nucleo di mattonelle provenienti da S. Donato, la targa di Orazio Pompei, pur note, sono state integrate da numerosi frammenti provenienti dallo scarico della casa del ceramista, che hanno fornito un quadro complessivo di straordinaria ricchezza decorativa e tecnica.
Alla stessa conclusione sembrano portare gli studi di Claudio Rosa, dai quali appare l'importanza, anche da un punto di vista finanziario e del volume di affari, di questa grande famiglia di ceramisti, alla quale dovettero affiancarsene altre, ma che probabilmente primeggiò per tutto il '500 (1).
Tutto questo ci ha permesso di fare accostamenti che, pur di straordinaria evidenza, sono stati finora ostacolati dalla mancanza di un adeguato contesto cinquecentesco a Castelli, e dall'opinione diffusa che qui la ceramica solo più tardi avesse raggiunto una certa importanza.
Alla produzione cinquecentesca, forse all'ambito dei Pompei, autori almeno in parte dei mattoni, è infatti a nostro avviso ascrivibile uno dei più famosi e controversi corredi da farmacia, che trova così finalmente la sua collocazione.
Si tratta del cosiddetto servizio "Orsini-Colonna", che ha da sempre reso perplessi gli studiosi, i quali lo hanno via via attribuito a Casteldurante, Siena, Faenza, Cafaggiolo, Deruta (2).
Noi ce ne siamo occupate verificando una possibile appartenenza a Deruta, che è stato finora il nostro campo specifico di studi.
Avevamo infatti escluso la più comune attribuzioni faentina, dopo aver esaminato la grande quantità di frammenti locali al Museo Internazionale delle Ceramiche, i quali mostrano, al di là di qualche occasionale analogia ed influsso, soprattutto le profonde differenze sia tecniche (colori e qualità dello smalto, particolarmente lucente ed intenso) che stilistiche.
Per gli stessi motivi abbiamo escluso la provenienza derutese, già più giustificabile in base a particolari della decorazione vegetale, alla forma di alcuni vasi e per il ricorrere, anche in questo centro, dello stemma Orsini in analoga stilizzazione.
Completamente diversi sono però i colori e le caratteristiche stilistiche e fisionomiche delle figurazioni.
Ci è parsa invece possibile, sulla base delle immagini pubblicate dal Donatone nel suo libro sul soffitto di S. Donato, una attribuzione a Castelli; le mattonelle e i frammenti di scavo che dr. de Pompeis ci ha messo a disposizione hanno confermato questa prima intuizione (3).
Il corredo trae la denominazione e la ipotetica datazione dalla bottiglia biansata del British Museum con l'orso che si appoggia alla colonna, e, sullo sfondo, la dicitura "et sarrimo boni amici" (fig. 1).
Secondo il Ballardini, in un articolo su "Faenza" del 1936, la raffigurazione allude a una riconciliazione fra le due famiglie, avvenuta nel 1511 (4).
La data è orientativa, poichè l'esecuzione del corredo deve collocarsi in un lasso di tempo assai ampio, che supera la dominazione degli Orsini a Castelli, terminata nel 1525.
In effetti il nucleo potrebbe meglio essere chiamato soltanto con il nome degli Orsini, perchè chiaramente legato a questa famiglia, che dovette asserne la committente e di cui ricorrono numerose volte lo stemma e l'emblema dell'orso.
Possiamo vedere lo stemma, sorretto da due putti, nel vasobiansato con "Apollo e Dafne", un tempo nella collezione Pringsheim (5)(fig. 2); l'orso che stringe nella zampa un globo, in un albarello della stessa collezione (6) (fig. 3); e nuovamente lo stemma sul collo della bottiglia biansata con immagine di santo, da antica collezione privata (fig. 4).
Osserviamo come lo stemma Orsini ricorra di frequente, con analoga stilizzazione, nelle mattonelle di S. Donato, visti anche i noti legami politici della famiglia con la zona di Castelli (figg. 5 e 6).
Procedendo a riscontri più convincenti, ecco la mattonella, purtroppo rubata, che costituisce la parte centrale di una Vergine con Bambino incoronata da angeli (fig.7) e una brocca dal beccuccio a drago dalla collezione Pringsheim, con testa di donna (7) (fig. 8).
È notevole l'analogia di esecuzione e stile fra le due teste, che potrebbero essere addirittura della stessa mano.
La stessa tipologia si ripete nella famosa "Faustina", sul cartiglio della quale è stato letto il monogramma di Annibale Pompei; se confermato, ciò ricondurrebbe il gruppo alla sua sfera di influenza (fig. 9).
Anche la testa di donna su questa brocca, appartenente al Museo dell' Ermitage di Leningrado, malgrado riveli un'esecuzione meno accurata, si avvale degli stessi modelli (8) fig. 10).
A proposito di quest'ultima, introduciamo qui un frammento di scavo da Castelli con motivi decorativi ben visibili nella zona sopra la base del beccuccio, e un altro con i girali bianchi su fondo blu che circondano la base (figg. 11 e 12).
Un riscontro è possibile anche fra i putti che reggono la corona sulla testa della Madonna (fig. 13) e quelli che compaiono sulla brocca appartenente al Museo del Louvre (9) (fig. 14), con quello sulla coppa della collezione Pringsheirn (10) (fig. 15) oppure fra il Bambino Gesù (fig. 16) e il putto Pringsheim, di cui possiamo constatare l'identica struttura dei corpi e della piccola aureola, tracciata allo stesso modo attorno alla testa rotonda.
Lo stesso tipo di putto, questa volta a cavallo, è anche in questa brocca venduta da Sotheby nel marzo 1971 (11) (fig. 17).
Ecco ora una mattonella con testa di frate che sembra addirittura eseguita dalla stessa mano, diversa dalla precedente, del profilo femminile sulla bottiglia da farmacia che appartiene alle collezioni delMuseo di Villa Vicosa a Lisbona (figg. 18 e 19). Nel cartiglio osserviamo anche, a separare le parole, la rosetta puntinata che ricorre in alcuni mattoni, e in particolare nella "Faustina" vista poco fa.
In bianco graffito sul fondo blu, ecco il motivo a traccia che orna la base della bottiglia, in un frammento di scavo da Castelli, che testimonia inoltre la diffusione nel centro abruzzese di questa tecnica peculiare (fig. 20).
Vediamo ora un gruppo di profili, sul tipo dei precedenti, che si ripetono assai simili sui mattoni e sui vasi; la brocca è comparsa su un catalogo di Christie's del luglio 1979, il vaso biansato proviene dalla antica collezione di Madame X, venduta presso la Galleria Petir nel maggio 1927 (figg. 21, 22, 23, 24).
Sono simili, in particolare, l'atteggiamento della testa, il modo di fare le orecchie, gli occhi etc.
Anche questi due profili femminili ci sembrano stilisticamente affini ai precedenti (figg. 25 e 26).
Consideriamo ora un gruppo di opere particolarmente legate alla maniera di Orazio Pompei, quale possiamo vederla nella Madonna da lui firmata e nell' Annunciazione di Chieti, che gli viene generalmente attribuita.
Sono a nostro avviso confrontabili la Madonna, datata "1551", e la giovane donna sulla splendida bottiglia biansata recentemente pubblicata nel catalogo di una collezione privata milanese (13) (figg. 27 e 28). Nella targa sono inoltre ben visibili elementi di paesaggio che ricorrono nei vasi della spezieria, ad esempio le nuvolette rotonde e i ciuffi di erba tracciati in caratteristica maniera.
Allo stesso modo è possibile accostare la Madonna dellaAnnunciazione e la figura femminile su un albarello della collezione Pringsheim (14) (figg. 29 e 30); analoghi girali ornano il cartiglio e la camicetta della donna.
Se poi mettiamo vicini l'angelo annunciante della :arga di Chieti e il profilo che compare su una famosa bottiglia nelle collezioni del Victoria and Albert di Londra, le analogie sono tali da farci supporre addirittura l intervento della stessa mano: osserviamo in particolare il naso appuntito, gli occhi, 1'espressione, il modo di fare i capelli (15), (figg. 31 e 32).
Tali analogie sono riscontrabili anche nel vaso con donna e bambino del Museo dell'Ermitage di Leningrad0 (15) (fig. 33) e nell' albarello a profili della Collezione Mereghi, al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (17) (fig. 34).
Un frammento di scavo ci mostra un motivo decorativo ricorrente, con varianti, nei vasi del corredo; possiamo vederlo, ad esempio, sul lato dell' albarello Mereghi della figura precedente, e su quello di un altro albarello a profili, anch'esso nella collezione Mereghi (17), (figg.35, 36, 37).
Vicina al gruppo facente capo ad Orazio Pompei ci sembra anche la brocca del Museo Internazionale delle Ceramiche con due profili femminili affrontati e, ben visibile, il marchio di un'ignota spezieria (18)(fig. 38).
La caratteristica infiorescenza su fondo arancione, che orna gran parte dei vasi, è anch' essa presente nei mattoni di S. Donato (fig. 39).
Nei mattoni ricorre numerose volte una inconfondibile testa di vecchio, con baffi e barba, e talora un berretto rotondo. Lo ritroviamo nei vasi, con caratteristiche identiche o molto simili: ad esempio, in un albarello in vendita presso Sotheby nel novembre1970 (20), nella bottiglia biansata del Metropolitan Museum di New York, o nella grande bottiglia della collezione Mereghi al Museo di Faenza (21) , (figg. 40, 41, 42, 43).
Abbiamo già notato la coincidenza di numerosi particolari decorativi. Ad esempio, il tralcio azzurro si ripete nel frammento di scavo da Castelli e nell' abito del personaggio di profilo sulla bottiglia a destra (figg. 44 e 45).
Arabeschi assai simili si trovano anche nei mattoni, paragonabili per gusto grafico e coloristico a quelli dei vasi, anche se tracciati con minore finezza (figg. 46 e 47).
Possiamo vederli anche nella bottiglia Pringsheim con Davide e Golia (22) (fig. 48) e costituiscono del resto una delle decorazioni più comuni nel corredo Orsini.
Ecco un altro frammento con un motivo a cerchi su fondo blu, riscontrabile, ad esempio, sulla brocca a profili del Museo di Faenza (figg. 49 e 50); ed eccone un altro con un motivo a losanga tagliata in croce, che compare spesso nelle mattonelle e nei retri dei vasi (23), (figg. 51 e 52).
Altri frammenti mostrano tracce dei motivi a svolazzi ed occhielli caratteristici dei retri, che sono generalmente decorati in blu, come in questo albarello della collezione Mereghi o nel retro della bottiglia di collezione privata milanese già presentata (figg. 53, 54,55, 56).
Una mattonella con girali azzurri richiama quelli al fianco della bottiglia Mereghi con busto di vecchio (figg. 57 e 58).
Anche i tratteggi blu sulle anse trovano conferma in frammenti di scavo (fig. 59 e 60).
Ricorrono, nei mattoni e nei vasi, contorni a linee serpentinate (figg. 61 e 62), mentre i motivi dei coperchi sono forse adombrati in questi rosoni a punta frequenti nei mattoni (fig. 63, 64, 65).
Significativo ci è parso il ritrovamento di un gruppo di anse plastiche a torciglioni, frequenti nel corredo Orsini: ad esempio, nel vaso biansato già visto con Apollo e Dafne della collezione Pringsheim, o nei due vasi della collezione Gillet al Museo delle Arti Decorative di Lione (23), (figg. 66 e 67).
Per concludere, un riferimento grafico: la scritta "Et sarrimo boniamici" sulla bottiglia del British (fig. 1), ha in comune alcune caratteristiche morfologiche con l'iscrizione "Amico bono et conta", che impiega in parte le stesse parole, su uno dei mattoni di S. Donato (fig. 68).
La serie dei confronti potrebbe essere assai più lunga, ma riteniamo nel complesso soddisfacenti quelli presentati.
Naturalmente, questa relazione vuole essere soltanto una indicazione, uno stimolo a una ricerca organica ed accurata sul corredo Orsini, che ci auguriamo seguirà. È necessaria infatti una ricognizione completa e un'indagine che si annuncia vasta e complessa, per far luce sui problemi storici e sulla cronologia di questo cospicuo gruppo ceramico che, come abbiamo visto,probabilmente appartiene a più mani ed è da distribuire in un vasto arco di tempo, vista anche 1'abitudine di rimpiazzare i pezzi rotti con altri simili.
Ringraziamo particolarmente il dr. de Pompeis, De Collibus, Claudio Rosa e i loro collaboratori dell' Archeoclub per averci messo a disposizione il materiale, in gran parte inedito, che ci ha permesso di verificare le nostre ipotesi.
(1) - Ricordiamo in particolare "Altre notizie sulla genealogia della
famiglia Pompei di Castelli nel XVI secolo", in Tradizioni Popolari
Abruzzesi n. 24 anno VIII, Luglio-dic. 1980, pp. 371 esgg.
(2) - Per le precedenti incertezze attributive v. B. Rackham, Catalogueof Italian Majolica - Victoria and Albert Museum London 1940, I, pg. 78;G. Liverani, La Maiolica Italiana, Milano 1958, pg. 24; F. Liverani - G.Reggi, Le Maioliche del Museo Nazionale di Ravenna, Modena 1976, nota 18 pg. 71.
(3) - G. Donatone, Il Soffitto della Chiesa di S. Donato e la Majolica di Castelli d'Abruzzo, ISVEIMER, Cava dei Tirreni 1981, tavv. 1, 17,18, 20, 21.
(4) - G. Pallardini, "Fra i Colonna e gli Orsini", in Faenza XXIV (1936)1-2, pg. 5 tav. 1. Per quel che concerne i rapporti fra gli Orsini e i Colonna, v. anche M. Calvesi, Il sogno di Polifilo Prenestino, Roma 1980, pg. 51.
(5) - La figura è stata tratta dal vecchio catalogo a cura di Otto
von Falke, Die Majolikasammlung Alfred Pringsheim, Leida
1914, 2,tav. 224. La collezione fu venduta presso Sotheby nel 1939.
(6) - ibidem tav. 228.
(7) - ibidem tav. 226.
(8) - A. N. Kube,Italian Majolica XV-XVIII centuries, Mosca 1976 . 12.
(9) - Inv. n. O A 1669.
(10) - Otto von Falke, op. cito tav. 229.
(11) - Sotheby, Catalogue of Important continental Porcelain and
Pottery Italian Majolica. 29-30 marzo 1971 n. 46.
(12) - Christie, Important Italian Majolica, Mon. July 2, 1979,
n. 27.
(13) - Una Collezione di Maioliche
del Rinascimento, a cura di G.Conti, Milano, Galleria antiquaria
Carla Silvestri, 1984, n. 14.
(14) - O. von Falke, op. cito n. 227
(15) - Ex Bernal, inv. 1855-1798, Rackham n. 253.
(16) - A. Kube, op. cito tav. n. 14.
(17) - inv. 6129.
(18) - inv. n. 6128.
(19) - inv. 17895.
(20) - Sotheby' s, Cat. of Important majolica and Continenta / Pot:ery, 3nov. 1970 n. 40.
(21) - inv. 6130.
(22) - O. von Falke, op. cito tav. 223.
(23) - Ch. Damiron, Collection de faiences d'un amateur: 169 i.e la collection Paul Gillet 1943, nn. 71 e 72.