Carola Fiocco - Gabriella Gherardi. In Castelli e la Maiolica cinquecentesca italiana (atti del Convegno, Pescara 1989), Pescara 1990, p.125-126;
Presidente
Ringraziamo i relatori di questa prima giornata per i loro importanti contributi e per i dati fondamentali che portano ulteriori approfondimenti allo studio e alla conoscenza, sia del corredo Orsini-Colonna che della ceramica rinascimentale di Castelli.
Passiamo quindi alle discussioni, che si annunciano altrettanto interessanti. C'è subito l'intervento della dott.ssa Fiocco a proposito della relazione della dott.ssa Hess sull'enigma degli albarelli "Eo".
CAROLA FIOCCO & GABRIELLA GHERARDI
Desideriamo innanzitutto
rallegrarci per il
consenso ormai quasi
generale all'inserimento
della tipologia
Orsini-Colonna
nella produzione
cinquecentesca di
Castelli. Ben
diverso infatti era il
clima durante il convegno
di Castelli nel 1984,
quando per la prima volta
avanzammo la
attribuzione, affrontando un muro di
perplessità e qualche raro
incoraggiamento. Ora
la situazione sembra
riproporsi per il
servizio "Bo", e ci
auguriamo che
anche in questo caso il
futuro riservi
qualche nuova
apertura.
Per quel
che riguarda le
affermazioni della dr.ssa
Hess, desideriamo innanzitutto
fare alcune
precisazioni. La
dr.ssa Hess ha affermato
che uno dei motivi per cui ritiene
faentino il gruppo è il non avervi
mai trovato elementi
decorativi graffiti sul
fondo blu, come avviene
spesso
nell'Orsini-Colonna.
Questo non è esatto. Una fila di ovoli e perle graffiti sul fondo blu sono presenti sia nell'albarello da lei presentato del Museo Duca di Martina a Napoli, sia in questo albarello siglato "B" (figg. 1 e 2), oggi in collezione privata di Bologna, un tempo nella collezione Ducrot.
Quest'ultimo, che abbiamo avuto occasione di esaminare attentamente, presenta anche altre caratteristiche che lo escludono dalla produzione faentina e lo avvicinano in modo impressionante a quella di Castelli; prima fra tutte la qualità dello smalto, estremamente vetroso, con la decorazione leggermente fusa in cottura, che corrisponde esattamente alla descrizione degli smalti castellani, assai ricchi di piombo, fatta da Rinaldo Maldera in appendice alla catalogazione della collezione Mereghi del Museo internazionale delle Ceramiche di Faenza. Inoltre, i toni freddi del blu e del verde ricordano molto da vicino quelli dell'OrsiniColonna. Non desideriamo tuttavia insistere sull'attribuzione del gruppo "Bo" a Castelli. Noi per prime l'abbiamo avanzata soltanto in via ipotetica, e attendiamo conferme più adeguate (1). Quello che invece siamo in grado di escludere è proprio l'attribuzione a Faenza. È nostra convinzione che lo studio della ceramica faentina debba essere attualmente ripreso e in certo modo "rifondato" verificando nuovamente le sue fonti, e partendo da dati certi e dai reperti di scavo. Questo è ormai necessario per sfrondare la ceramica di Faenza dal cumulo di attribuzioni non certe, strati ficatesi nel tempo, di cui l'Orsini-Colonna è un esempio eclatante. Abbiamo dunque preso in esame una breve serie di albarelli del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, tutti di scavo locale (v. Tavola a colori). Dal loro confronto risulta evidente che l'albarello faentino presenta una forma pressochè costante, dall"'Arcaico" fino alla metà del secolo XVI, e un'altrettanto costante distribuzione decorativa. La forma è tronco-conica, svasata verso l'alto, senza rastrematura al centro, le spalle fortemente angolate da cui parte quasi immediatamente la
curvatura del collo. Lo spessore è sottile, lo smalto riveste anche l'interno, ed è bianco e coprente. Verso la fine del secolo XV, soprattutto nelle tipologie con decorazioni affini a quelle sul pavimento Vaselli, questa forma si arricchisce di due cordonature in rilievo che compaiono negli esemplari più importanti.
La decorazione si estende omogenea tutt'attorno al corpo dell'albarello, e non presenta suddivisioni in riquadri, come avviene nel gruppo "Bo". Tutt'al più, negli esemplari di maggior pregio, si hanno medaglioni con figure, ritratti ed emblemi, sempre però inseriti nella decorazione che ricopre tutto il corpo dell' albarello.
Nel secolo XVI la forma è ancora quella: ecco un albarello con decorazione "alla porcellana", che la rispecchia in maniera evidente. È questo l'unico pezzo di cui non siamo certe che provenga da scavi di Faenza, poichè fa parte della collezione Donini Baer, che non è sicuramente documentata. Ci sembra di poterlo accettare come faentino perchè il tipo di decorazione "alla porcellana" corrisponde esattamente a una delle stilizzazioni documentate negli innumerevoli frammenti di scavo faentino "alla porcellana" conservati nel Museo di Faenza.
Questi sono i raffronti più pertinenti per determinare se gli albarelli "Bo" siano di Faenza oppure, come è nostra convinzione, appartengano a un'altra area. Siamo perfettamente consapevoli che le embricazioni ci sono ovunque, come pure altri motivi analoghi, che compaiono anche nella ceramica faentina, e certo anche nei retri di Baldassarre Manara. Eviteremmo inoltre di fare analogie fra gli albarelli "Bo" e il pavimento Vaselli; quest'ultimo infatti li precede di circa trent'anni, considerando che sui "Bo" compaiono raffigurazioni tratte da Marcantonio Raimondi.
Cambiando argomento, vorremmo segnalare al dr. Wilson come l'iconografia della fiasca Orsini-Colonna del British Museum ci sembri non tanto affine alla medaglia del 1511, quanto ad una rappresentazione emblematica che decora il portale del castello Orsini ad Avezzano (fig. 12), che fu proprietà di Marcantonio Colonna e di sua moglie, che era una Orsini; in essa sivedono due grandi orsi in piedi di profilo che affiancano lo stemma Colonna, circondato dal Toson d'oro, sovrastati da una iscrizione decicatoria a Marcantonio, probabilmente a seguito della vittoria di Lepanto, vista la presenza dell'onorificenza asburgica.
1. Subito dopo la fine del
convegno, lo storico
Aleardo Rubini
ci hagentilmente segnalato un frammento
(v. Tavola a colori) ritrovato a
Pescara, in
quella che era la sede dei
Cavalieri
di Malta. Essopresenta, oltre
ad alcuni
cerchietti graffiti su fondo
blu, una banda giallo
ocra su cui compaiono tratteggi verticali alternati a rombitagliati in croce, come
nell'albarello n.86 della
collezione
Pringshein(O.von Falke, 1924)
e in quello con la
filatrice del Museo
Getty diMalibu. Anche se
un singolo frammento non costituisce una prova, tuttavia la sua presenza in Abruzzo è
di notevole
interesse.